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PEC: indubbi vantaggi o un mare di dubbi?

da Redazione / sabato, 04 Ottobre 2014 / Pubblicato il Comunicazioni e News, Professione e normativa

di Daniele Spagnol

PEC è l’acronimo di Posta Elettronica Certificata.

“La PEC non è altro che  un sistema di “trasporto” di documenti informatici del tutto simile alla posta elettronica “tradizionale”, cui però sono state aggiunte le caratteristiche per garantire agli utenti la certezza, a valore legale, dell’invio e della consegna dei messaggi e-mail al destinatario. Il servizio di PEC consente di inviare documenti informatici, fornendo la “certificazione” dell’invio e dell’avvenuta (o mancata) consegna. La PEC ha, pertanto, tutti i requisiti della raccomandata A/R con alcuni vantaggi aggiuntivi:

  1. tempi di trasmissione brevissimi;
  2. i costi di invio/ricezione sono zero. Si paga solo il canone annuo per l’attivazione del servizio;
  3. certificazione del contenuto del messaggio trasmesso (nella raccomandata A/R tradizionale viene certificata la spedizione/ricezione ma non il contenuto, cioè cosa è stato spedito/ricevuto)”

A leggere le definizioni che ne fanno i gestori ( ed in particolare la Pubblica Amministrazione ) ci sembra  che con l’avvio del sistema di  PEC  siamo tutti  entrati in un mondo idilliaco dove la tecnologia ha preso il sopravvento sulle  vecchie e vetuste raccomandate a mano.  A dir il vero la sentenza 6087/21/2014 della Ctp di Milano sembra dare una mano alla nostra categoria. Una recentissima sentenza della Commissione Tributaria di Milano, infatti, ha accolto un ricorso considerando inesistente  la notifica via Pec dell’avviso di rettifica della dichiarazione doganale. Secondo i giudici provinciali, infatti, «la notifica a mezzo Pec se non è espressamente prevista da una norma deve ritenersi esca fuori dal modello delle notificazioni e nessuna norma autorizza che possa avvenire la notifica di un accertamento e/o di una rettifica a mezzo Pec. Trattandosi di inesistenza della notifica e non di nullità, non può trovare applicazione la sanatoria invocata dall’ufficio doganale». Il contenzioso scaturisce dalla notifica via Pec dell’avviso di rettifica alla dichiarazione doganale con il quale l’ufficio ha provveduto a recuperare maggiori diritti doganali per oltre 24mila euro. La società raggiunta dall’atto ha presentato ricorso sottolineando l’inesistenza della notifica, la nullità dell’avviso per difetto di sottoscrizione, per difetto di motivazione, per difetto di prova e per difetto di presupposto impositivo. Dal canto suo, l’agenzia delle Dogane si è difesa eccependo l’incertezza sull’atto impugnato e la genericità dei motivi evidenziati nel ricorso ed evidenziando, fra le altre cose, la regolarità della notificazione dell’atto di rettifica, trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, modalità per l’ufficio equiparata alla notificazione mediante posta raccomandata e, comunque l’avvenuta sanatoria dell’eventuale vizio a seguito della proposizione del ricorso stesso. La Commissione ha aderito alla tesi della ricorrente. A suo avviso, la notificazione a mezzo Pec non è espressamente ammessa dalla disciplina doganale e, quindi, non è paragonabile a quella eseguita tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Tenuto conto, quindi, che l’invio con posta elettronica certificata non è riconducile allo schema legale della notificazione canonica dell’atto impositivo, la notifica contestata è risultata inesistente. E, trattandosi di inesistenza della notifica e non di nullità, non può trovare applicazione la sanatoria per avvenuta presentazione del ricorso. Inoltre, la pronuncia ricorda che «una notificazione può dirsi giustificatamente inesistente quando il relativo atto esce completamente dallo schema legale degli atti di notificazione, ossia quando difettano totalmente gli elementi caratterizzanti che consentono la qualificazione di atto sostanzialmente conforme al modello legale di notificazione».

Se questa potrebbe rappresentare, se presa come scuola di pensiero, una vera e propria rivoluzione non dimentichiamoci che tutti noi non siamo solo “destinatari” di una PEC, ma spesso ne siamo i mittenti.  Una base normativa certa, per la  gestione di questo epocale cambiamento, è quindi ancora  molto lontana. Ricordiamo, infatti, che è stata da poco emanata una altrettanto recente nota con la quale Equitalia si esprime per  ciò che concerne il valore dato a questo strumento.

Non ci saranno più soltanto le società di persone e quelle di capitali a ricevere le cartelle esattoriali di Equitalia nella propria casella di posta elettronica certificata. Anche chi ha una piccola ditta dovrà, da oggi in poi, controllare giornalmente le e-mail in entrata. Infatti Equitalia ha appena reso noto che le cartelle di pagamento saranno notificate via Pec anche alle imprese individuali. La notizia è stata resa nota dallo stesso Agente per la Riscossione, con un comunicato ufficiale.La legge, del resto, prevede che le cartelle di pagamento possono essere eseguite non solo con raccomandata A/R  ma anche con la posta elettronica certificata. Ricordiamo che l’obbligo di dotarsi di una propria casella Pec “ufficiale” è già stato esteso alle ditte individuali, oltre che alle società. Il punto è però che non tutti gli interessati hanno adempiuto a tale obbligo, anche per via dell’incertezza sulle sanzioni in caso di inottemperanza. La notifica tramite pec è equiparata in tutto a una notifica eseguita secondo le modalità tradizionali. Ne deriva, ad esempio, che se la cartella di pagamento è stata correttamente trasmessa con pec da oltre 60 giorni la stessa non sarà più impugnabile davanti al giudice. Quale la conseguenza? Che non si potranno trovare scuse – come la perdita della password o l’aver avuto problemi di connessione a Internet o l’aver trovato difficoltà tecniche ad accedere al proprio account – se si è ricevuta una notifica via Pec e non se ne è preso visione. Infatti i termini per l’opposizione decorreranno ugualmente, anche se il destinatario non ha voluto/potuto aprire l’email certificata. E poi non ci sarà più una “seconda possibilità” per rimettere in gioco i termini e fare ricorso al giudice.

Che dire insomma, solo che quello che  doveva rappresentare l’abbandono delle vecchie ed impolverate buste si sta rilevando una sorta di boomerang che una volta  lanciato  torna indietro a  colpire a seconda dei casi.

Non ci  resta quindi che controllare sempre la posta elettronica via PEC. La nostra pigrizia potrebbe rilevarsi disastrosa.

Nel contempo è assolutamente necessario che questo Paese si esprima con delle norme chiare ed omogenee.

Forse chiediamo troppo a chi è già in confusione.

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