Semplificazioni (e un’incognita)nel countdown verso il periodo definitivo
Ottobre 2025. A due anni di distanza dalla prima applicazione del regolamento UE 2023/956, istitutivo del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), Parlamento europeo e Consiglio firmano il “sì” alle semplificazioni proposte dalla Commissione nel pacchetto Omnibus di fine febbraio 2025.
Il regolamento UE 2025/2083 viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 ottobre e l’obiettivo delle istituzioni UE è chiaro sin dal titolo: facilitare e rafforzare. Il nuovo regolamento mira, infatti, a sfoltire quegli adempimenti eccessivi che pregiudicherebbero l’implementazione del CBAM nel periodo definitivo.
Ma quali sono le principali novità? E quali, invece, i passi ancora da fare? Scopriamolo insieme.
Una nuova soglia di esenzione de minimis, addio ai 150,00€ per spedizione
I dati raccolti dalla Commissione nel periodo transitorio hanno dimostrato che la maggioranza delle emissioni, incorporate nelle merci importate, è riconducibile a una piccola percentuale di importatori.
L’esenzione dagli obblighi CBAM, riservata alle merci dal valore inferiore a 150,00€ per spedizione, si è rivelata, inoltre, poco efficace. Da un lato, non ha garantito l’applicazione del CBAM agli operatori in proporzione al loro impatto sulle emissioni, mentre dall’altro ha favorito comportamenti elusivi attraverso frazionamenti artificiosi delle spedizioni.
Il nuovo regolamento introduce, quindi, un diverso limite, basato sulla massa netta cumulativa delle merci importate, in un determinato anno civile, per importatore (considerando 3 e articolo 2-bis).
La nuova soglia, fissata ad un livello di 50 ton, ma suscettibile di revisione annuale a cura della Commissione (considerando 5 e 6, articolo 2-bis e allegato VII), garantisce che almeno il 99% delle emissioni incorporate nelle merci importate sia soggetta al CBAM, alleggerendo così il lavoro delle autorità e sollevando i piccoli importatori.
Le prime, infatti, evitano in questo modo la dispersione della loro attività di controllo in una popolazione vasta, ma poco significativa in termini di emissioni. I piccoli importatori, invece, se il loro livello di importazioni nell’anno civile non supera la soglia stabilita, sono esonerati da qualsiasi obbligo CBAM, primo fra tutti quello di richiedere la qualifica di dichiarante CBAM autorizzato.
Sotto quest’ultimo profilo, un discorso a parte merita la figura del rappresentante doganale indiretto che, data la natura della sua attività, è comunque tenuto a conseguire lo status di dichiarante CBAM autorizzato, a prescindere dall’esenzione dagli obblighi CBAM del soggetto che rappresenta (considerando 7 e articolo 5 paragrafo 2).
A proposito di dichiarante CBAM autorizzato: una domanda più snella, un passaggio graduale, ma attenzione alle sanzioni
Il nuovo regolamento elimina dall’istanza la stima del valore delle importazioni per l’anno civile nel corso del quale è presentata la domanda e per l’anno successivo, limitandosi a richiedere i soli quantitativi previsti, suddivisi per tipologia di merci (articolo 5 paragrafo 5 lettera g). La procedura di consultazione, ai fini della concessione dello status di dichiarante CBAM autorizzato, inoltre, diventa facoltativa, razionalizzando, così, l’istruttoria (considerando 13 e articolo 17 paragrafo 1).
Non solo. il passaggio dal 2025 al 2026 viene addolcito, introducendo un’importante deroga accanto al perentorio “le merci sono importate nel territorio doganale dell’Unione unicamente da un dichiarante CBAM autorizzato” (articolo 4).
Il nuovo regolamento consente, infatti, a importatori e rappresentanti doganali indiretti, di effettuare importazioni nel periodo definitivo, oltre la soglia cumulativa di 50 ton, anche se sprovvisti della qualifica di dichiarante CBAM autorizzato, ma a condizione che abbiano presentato l’istanza entro il 31 marzo 2026 (considerando 11 e articolo 17 paragrafo 7-bis).
Un’eccezione interessante, soprattutto in previsione di un gran numero di domande tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026, coniugato a tempi di rilascio non proprio immediati, ma con un contrappeso da non sottovalutare.
Se, infatti, l’autorità competente rifiuta di concedere la qualifica di dichiarante CBAM autorizzato, l’operatore è tenuto al pagamento di una sanzione. L’importo è commisurato alle emissioni incorporate nelle merci importate dal 1° gennaio 2026 alla data del diniego, calcolate sulla base dei valori predefiniti (considerando 11 e articolo 17 paragrafo 7-bis).
E parlando di valori predefiniti: via libera al loro utilizzo, senza dimenticare anche altre importanti semplificazioni nel calcolo delle emissioni
Il nuovo regolamento riscrive il calcolo delle emissioni incorporate nelle merci importate, aprendo le porte all’utilizzo incondizionato dei valori predefiniti secondo i metodi di cui all’allegato IV, punto 4.1. Sono i valori determinati dalla Commissione e comprensivi della maggiorazione (considerando 19 e articolo 7 paragrafo 2).
Il nuovo regolamento ridisegna, inoltre, i limiti del sistema. Si tratta dei confini – nella versione inglese della normativa CBAM si chiamano proprio system boundaries – tra ciò che il gestore dell’impianto deve includere nel monitoraggio e ciò che, invece, va escluso.
Escono, ad esempio, dal calcolo delle emissioni delle merci complesse i precursori già soggetti all’EU ETS (considerando 18). Si collocano, inoltre, fuori dai limiti del sistema le finiture di merci in acciaio e alluminio, realizzate in impianti separati, data la loro bassa intensità sotto il profilo delle emissioni. La CO2e presente nei prodotti rifiniti, infatti, è principalmente quella dei precursori, non dei processi di rifinitura. Questi ultimi, fra l’altro, esulano anche dall’ambito di applicazione dell’EU ETS (considerando 16).
Il nuovo regolamento, poi, ritocca anche gli allegati, eliminando le argille non calcinate dall’allegato I – del resto hanno emissioni pari a zero – e spostando l’energia elettrica nell’allegato II. Le emissioni indirette, infatti, non sono pertinenti nella produzione di elettricità (considerando 33 e 34).
Valori predefiniti anche con riferimento al prezzo del carbonio (e non è l’unica novità)
Il nuovo regolamento ridefinisce il prezzo del carbonio, catturando la dicotomia esistente tra Paese d’origine e Paese di produzione¹.
Viene, infatti, riconosciuto che l’importo monetario, a fronte delle emissioni incorporate nelle merci importate, può essere versato non solo nel Paese d’origine, ma anche in un Paese terzo, differente da quest’ultimo (considerando 22 e articolo 9).
A decorrere dal 2027, inoltre, la Commissione può determinare e mettere a disposizione, attraverso il registro CBAM, i prezzi predefiniti del carbonio nei Paesi terzi.
Prezzi effettivi e prezzi predefiniti del carbonio possono essere utilizzati, dal dichiarante CBAM autorizzato, per richiedere una riduzione del numero di certificati CBAM da restituire con la dichiarazione annuale.
Se le emissioni incorporate sono calcolate sulla base dei valori di default, tuttavia, la richiesta di riduzione dei certificati CBAM da restituire può basarsi solo sui prezzi predefiniti del carbonio (considerando 21 e articolo 9).
Attività dei verificatori, sì, ma solo se le emissioni incorporate sono determinate sulla base dei valori effettivi
Risulterebbe, infatti, ridondante sottoporre una dichiarazione CBAM, redatta con valori messi a disposizione dalla Commissione, al controllo di un verificatore accreditato.
Il nuovo regolamento dispone, quindi, che solo le dichiarazioni CBAM basate sulle emissioni effettive passino al vaglio del verificatore (considerando 19 e articolo 8 paragrafo 1). Quest’ultimo, poi, può accedere direttamente al registro CBAM (considerando 23 e articolo 10-bis), previsione che ne facilita l’attività di controllo.
Veniamo al conto CBAM…
Il nuovo regolamento allevia l’impegno finanziario a carico di ciascun dichiarante CBAM autorizzato, riducendo la quota di certificati che dev’essere presente nel conto CBAM al termine di ciascun trimestre.
La percentuale scende, infatti, al 50% delle emissioni incorporate in tutte le merci importate dall’inizio dell’anno civile, calcolate sulla base dei valori predefiniti secondo i metodi di cui all’allegato IV, ma senza la maggiorazione prevista al punto 4.1 (considerando 28 e articolo 22 paragrafo 2).
È una semplificazione di rilievo, da tenere presente soprattutto a partire dal 1° febbraio 2027, momento in cui i dichiaranti CBAM autorizzati possono iniziare ad acquistare i certificati (considerando 27 e articolo 20 paragrafo 1).
…senza dimenticare le vicende dei certificati…
Segnate da tre momenti importanti, le cui date sono state riprogrammate dal nuovo regolamento per allinearle all’EU ETS e per concedere ai dichiaranti CBAM autorizzati più tempo da dedicare alla raccolta dei dati.
Si tratta della restituzione dei certificati, della richiesta di riacquisto e della cancellazione, previste ora rispettivamente entro il 30 settembre, il 31 ottobre e il 1° novembre di ogni anno, per la prima volta nel 2027 con riferimento al 2026 (considerando 15 e articoli 22, 23 e 24).
Anche in quest’ambito emerge la volontà delle istituzioni europee di adeguare la pressione finanziaria sugli operatori e, a tal fine, viene rimodulato il limite per il riacquisto dei certificati CBAM eccedenti.
Il nuovo regolamento, infatti, approva il passaggio da un riacquisto di certificati pari, al massimo, a un terzo del totale acquistato dal dichiarante nell’anno civile precedente, a un riacquisto equivalente al numero di certificati che il dichiarante CBAM autorizzato era obbligato ad avere sul conto per coprire almeno il 50% delle emissioni al termine di ciascun trimestre (considerando 29 e articolo 23 paragrafo 2).
…e la presentazione della dichiarazione annuale CBAM, che può essere delegata ad un terzo
Il 30 settembre di ogni anno, contestualmente alla restituzione dei certificati, ciascun dichiarante CBAM autorizzato presenta la dichiarazione annuale. Il nuovo regolamento introduce la possibilità di delegare questa attività a un soggetto terzo che dovrebbe, quindi, poter accedere al registro CBAM in nome e per conto del delegante.
Si tratta di una delega di compiti, ma non delle responsabilità connesse agli adempimenti CBAM. Queste ultime restano, in ogni caso, in capo al dichiarante CBAM autorizzato che ha conferito la delega (considerando 14 e articolo 5 paragrafo 7-bis).
L’incognita nel calcolo dei certificati CBAM da restituire: i CBAM benchmark mancanti
Nel semplice prodotto fra emissioni specifiche incorporate nelle merci importate (ton CO2e/ton prodotto), basate su valori effettivi o predefiniti, moltiplicate per la quantità di beni importati (ton prodotto), si inseriscono due importanti “sconti” in grado di ridurre il numero di certificati CBAM da restituire e, quindi, il costo sopportato dagli operatori.
L’immagine tratta dalle FAQ della Commissione² è d’aiuto per visualizzarli:

Un primo “sconto” possiamo descriverlo come “esterno” (in blu nell’immagine) e riguarda, come già accennato, la riduzione del numero di certificati CBAM per tenere conto del prezzo del carbonio, effettivo o predefinito, assolto in un Paese terzo.
Un secondo sconto potremmo, invece, chiamarlo “interno” (in verde nell’immagine) e permette di considerare le quote gratuite assegnate ai produttori nell’ambito dell’EU ETS, la cui eliminazione è graduale fino al 2034. In altre parole, se un fabbricante UE riceve quote gratuite per la produzione di un determinato bene, anche il dichiarante CBAM autorizzato, importatore dello stesso prodotto, deve poter ricevere un trattamento analogo.
Tale risultato è dato dal prodotto fra il fattore CBAM e i CBAM benchmark. Il primo è una percentuale decrescente, prevista all’interno della direttiva EU ETS (articolo 10-bis paragrafo 1 bis direttiva 2003/87/CE). È pari a 97,5% per il 2026, 95% per il 2027, scende fino a 14% nel 2033 e si annulla nel 2034.
I CBAM benchmark, vale a dire le emissioni specifiche (tonCO2e/ton prodotto) coperte dal fattore CBAM, invece, sono il grande interrogativo del momento. Ad oggi, mentre scriviamo – a pochi mesi dall’inizio del periodo definitivo – non sono ancora stati pubblicati.
Un’incognita non di poco conto, descritta come un’incertezza economica e giuridica nell’interrogazione al Parlamento europeo del 16 luglio 2025³, che pesa sugli operatori economici. Molte aziende, infatti, si trovano a negoziare contratti pluriennali senza poter simulare e preventivare ex ante calcoli e conteggi.
Come stimare per tempo, quindi, il costo del CBAM negli approvvigionamenti da Paesi extra UE durante il periodo definitivo?
¹ FAQ n. 112 (link)
² FAQ n.131 e n. 132 (link)

