Facile dire Import

Ma è davvero così facile?

Secondo quanto previsto dall’articolo 201 del Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013 che istituisce il Codice Doganale dell’Unione il regime di immissione in libera pratica comporta una serie di adempimenti, tra cui la riscossione dei dazi dovuti all’importazione, l’eventuale applicazione di altri oneri, il rispetto delle misure di politica commerciale, dei divieti e delle restrizioni, nonché l’espletamento delle formalità previste per l’importazione delle merci.

Già da questa definizione si comprende come la volontà di un dichiarante di attribuire alle merci la posizione doganale unionale implichi il confronto con un sistema di osservanze che superano di gran lunga il mero versamento di dazi doganali. Infatti, oltre agli obblighi fiscali e procedurali legati all’immissione in libera pratica, il dichiarante deve sempre più spesso affrontare un sistema articolato e, talvolta complesso, di controlli extratributari, attuati dall’Unione sia in fase di sdoganamento che successivamente, con l’obiettivo di garantire la piena conformità delle merci agli standard europei. Si pensi, ad esempio, ai controlli radiometrici volti a ispezionare rottami, semilavorati e materiali metallici al fine di rilevare eventuali anomalie radioattive; ai controlli sanitari che colpiscono i prodotti alimentari e le merci destinate all’uso sul corpo umano finalizzati a stabilirne l’idoneità rispetto alle normative sanitarie in vigore; al Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) posto in essere con l’obiettivo primario di ridurre, entro il 2030, le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050; o ancora al regolamento sulla deforestazione (EUDR) adottato al fine di aumentare la consapevolezza delle imprese coinvolte nella commercializzazione di beni come bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno, affinché garantiscano che questi prodotti provengano da fonti che non abbiano contribuito alla deforestazione o al degrado forestale.

Inoltre, l’EUDR impone alle imprese di assicurarsi che i diritti dei lavoratori, dei proprietari terrieri e delle comunità locali siano adeguatamente protetti. È chiaro che tutti i summenzionati adempimenti presentano un’evoluzione delle normative doganali sempre maggiormente volte a rispondere a esigenze complesse e legate alla protezione globale, sanitaria e climatica.

Una domanda sorge spontanea: i nostri importatori possiedono delle fondamenta robuste ed efficienti da cui poter trarre l’energia e la forza per restare al passo con i rapidi cambiamenti a cui è soggetta la normativa? Probabilmente alcuni giganti del commercio internazionale saranno in grado di navigare anche in queste nuove e turbolenti acque, ma che ne sarà dei piccoli importatori? La loro capacità di adattarsi potrebbe essere seriamente compromessa dai costi aggiuntivi da sostenere, dalle complessità burocratiche e dalle risorse limitate di cui dispongono.

Come mantenere la competitività?

Le recenti tendenze del commercio internazionale non concedono tempo per riflettere: se desideri continuare a importare e a gestire efficacemente il tuo flusso commerciale, devi adattarti, e farlo velocemente. Come? Potrebbe sembrare scontato e ridondante, ma la risposta risiede in due concetti che ormai sono all’ordine del giorno: due diligence e compliance!

Non è semplice, questo è certo, ma diventa obbligatorio per consolidare la propria posizione nella catena di approvvigionamento, evitare ingenti sanzioni e mitigare il più possibile danni che potrebbero affievolire l’efficienza aziendale.

Dal punto di vista pratico, cosa possono fare le aziende? Sicuramente investire in sistemi di gestione delle informazioni innovativi; aggiornare le, forse ormai obsolete, procedure operative aziendali; creare sistemi di audit interno volti a monitorare i livelli di efficienza aziendale e mitigare i rischi derivanti da errori; ma soprattutto è giunto il momento di riconoscere l’importanza fondamentale di investire nella formazione continua del personale e di affidarsi a professionisti esperti del settore.

La formazione sta diventando sempre di più un vero e proprio asset strategico in un contesto in cui la normativa richiede rapidi adeguamenti e altissime abilità di applicazione dei nuovi regolamenti. Le risorse per potenziare la formazione non devono necessariamente essere percepite come complesse o costose. Oggi, infatti, le piattaforme social offrono una vasta gamma di corsi brevi e webinar che contribuiscono ad aumentare la consapevolezza sulle novità e gli aggiornamenti nel commercio internazionale.

La consulenza doganale, piccolo tassello da molti sottovalutato, diviene fondamentale per navigare in un contesto normativo così complesso. Affidarsi a professionisti e fare tesoro del loro know-how può essere la perfetta soluzione per mantenere la propria stabilità e perché no anche per ottimizzare la gestione operativa ed economica.

In sintesi, il concetto si è evoluto: non si tratta più solo di evitare le sanzioni, cercando di eluderle, ma di creare un sistema solido ed efficiente di due diligence e compliance doganale. Questo sistema deve consentire alle aziende di operare in modo sostenibile, essere sempre aggiornato sulla normativa internazionale e adattarsi prontamente alle variazioni esterne.

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