Per oltre cinquant’anni, il sistema sanzionatorio doganale in Italia è stato regolato principalmente dal Testo Unico delle Leggi Doganali (TULD), che prevedeva sanzioni amministrative e penali per diverse tipologie di illeciti. A queste disposizioni si affiancavano altre norme, come il D.Lgs. 472/1997 sulle sanzioni tributarie in generale. Il TULD prevedeva una suddivisione della disciplina sanzionatoria tra contrabbando, illeciti amministrativi e disposizioni comuni. In particolare, l’articolo 303 stabiliva sanzioni per le differenze riscontrate tra quanto dichiarato e quanto effettivamente importato, applicando sanzioni ritenute spesso sproporzionate rispetto all’illecito commesso. Questo sistema sanzionatorio consentiva, tuttavia, di beneficiare di strumenti di riduzione delle sanzioni pecuniarie, come il ravvedimento operoso o il pagamento agevolato ai sensi dell’art. 16 D.Lgs. 472/1997.
Era altresì disciplinato il reato di contrabbando che puniva chiunque sottraeva merci importate nel territorio unionale al pagamento dei dazi e degli altri diritti di confine dovuti. Con il D.Lgs. 8/2016, il contrabbando non aggravato è stato depenalizzato e sanzionato amministrativamente. Successivamente, Il D.Lgs. 75/2000, attuativo della Direttiva PIF, ha limitato la depenalizzazione ai casi in cui i diritti di confine evasi non superavano i 10.000 euro.
Negli ultimi anni, l’Italia ha dovuto adeguare la propria disciplina sanzionatoria ai principi e alle norme unionali, cercando di bilanciare la necessità di un sistema più equo e proporzionato con le esigenze di tutela delle entrate doganali. Questo processo ha portato all’emanazione della Legge 111/2023, che ha delegato il Governo alla riforma fiscale, culminata nel D.Lgs. 141/2024, noto come Diritto Nazionale Doganale (DNC), entrato in vigore il 4 ottobre 2024. Questa nuova disciplina ha ridefinito completamente l’impianto sanzionatorio, distinguendo chiaramente tra sanzioni amministrative e penali e abrogando le disposizioni precedenti del TULD.
Il nuovo quadro normativo prevede che l’infedeltà e l’omessa dichiarazione siano punite con una sanzione amministrativa che va dal 100% al 200% dei diritti di confine evasi, comprendendo dazi, diritti di monopolio, accise e IVA all’importazione. Tuttavia, se l’importo evaso supera i 10.000 euro o se sussistono particolari circostanze aggravanti, l’illecito assume rilevanza penale.
Anche in seguito alla riforma è possibile, in alcuni casi, attraverso l’istituto della revisione della dichiarazione su istanza di parte, correggere gli errori nella dichiarazione senza incorrere in sanzioni, a condizione che la rettifica avvenga prima di un accertamento da parte delle autorità doganali. Inoltre il DNC, diversamente dal TULD, rinvia espressamente al D.Lgs. 471/1997 e al D.Lgs. 472/1997. Tuttavia, alcune disposizioni contenute in questi decreti potrebbero risultare inapplicabili nella materia doganale, in quanto incompatibili con il DNC.
Inoltre, la mancata applicazione retroattiva delle sanzioni più favorevoli potrebbe entrare in contrasto con il principio del favor rei, che prevede che una norma sanzionatoria più mite debba applicarsi anche ai procedimenti in corso. Non può comunque escludersi, come in alcuni casi sta accadendo nella pratica, la richiesta di applicazione delle nuove sanzioni su fattispecie accadute prima della riforma non sulla base del principio del favor rei, ma semplicemente richiedendo una applicazione di sanzioni più proporzionate, applicando le aliquote sanzionatorie attualmente in vigore.
La distinzione tra sanzioni amministrative e penali si basa sulla soglia di 10.000 euro, ma in presenza di aggravanti, un illecito può assumere rilevanza penale anche se l’importo evaso è inferiore a tale soglia. Se un illecito è qualificato come reato, la sanzione amministrativa non dovrebbe applicarsi. L’amministrazione doganale ha comunque il potere di procedere con l’accertamento l’irrogazione delle sanzioni, anche in presenza di un procedimento penale, nel rispetto del principio del ne bis in idem, che vieta la duplicazione delle sanzioni per lo stesso fatto. Pertanto, dovrebbe sospendere la riscossione in attesa dell’esito del procedimento penale.
Il contrabbando di tabacchi è soggetto a una disciplina specifica, con una soglia di 15 kg che determina la distinzione tra illecito amministrativo e reato.
La confisca delle merci continua a essere un elemento centrale della disciplina sanzionatoria e si applica sia ai reati di contrabbando sia agli illeciti amministrativi. Prima della confisca, le autorità devono disporre il sequestro delle merci. In alcuni casi, la confisca può estendersi anche ai mezzi di trasporto utilizzati per commettere l’illecito, specialmente se modificati per occultare le merci. Tuttavia, esistono alcune circostanze che possono escludere la confisca, come nel caso in cui l’errore nella dichiarazione sia chiaramente desumibile dai documenti di accompagnamento. Infine, il pagamento della sanzione non esime dall’obbligo di versare i diritti di confine evasi, a meno che le merci siano state confiscate o sequestrate.