
Ogni fotografia è una storia ed ogni storia un ricordo. E così desideriamo immaginarci, per un attimo, importanti fotoreporter, capaci di raccontare il nostro anno insieme in quattro scatti ed aggiungere, in questo modo, nuove pagine all’album della nostra Federazione.
La prima istantanea della nostra 9006… ehm… macchina fotografica? Colorata, sgargiante, luminosa. È l’impegno costante di Anasped nelle questioni d’interesse per la nostra categoria, sia dal punto di vista informativo che della rappresentanza degli spedizionieri doganali presso enti ed istituzioni.
Apprezzati e partecipati sono stati l’incontro di febbraio, a Venezia, sul CBAM così come il seminario dal titolo “Sportello unico dei controlli doganali SUDOCO”, ospitato a maggio nella nostra capitale. Gli eventi si sono rivelati un’occasione perfetta per approfondire le cautele da adottare nei contratti di mandato per lo sdoganamento dei prodotti CBAM ed i controlli sanitari sui prodotti provenienti da paesi terzi.
Sul fronte della rappresentanza, numerosi sono stati gli incontri ed i colloqui di Anasped con ADM per affrontare le criticità legate all’introduzione e all’applicazione del nuovo PoUS o all’emanazione della circolare 10/2024 sui transiti, sostituita dalla circolare 16/2024 grazie all’intervento della nostra Federazione.
Non sono mancati, inoltre, i frequenti contatti con la Direzione Organizzazione e Trasformazione Digitale per segnalare i malfunzionamenti del sistema informatico e cercare insieme una soluzione. Significativo è stato, ad esempio, l’intervento di Anasped che, raccogliendo le osservazioni delle Associazioni territoriali, ha proposto con successo di limitare il blocco del sistema per l’aggiornamento di AIDA, inizialmente previsto per 48 ore totali, al pomeriggio di venerdì 1° novembre e alla mattina di sabato.
Ed in questa prima fotografia così brillante, inseriamo anche la capacità della nostra Federazione di fare rete, sia a livello europeo che nazionale. La presenza di Anasped in Confiad, ad esempio, le ha permesso di portare oltre confine le nostre considerazioni circa l’impatto del “Trust & Check Trader”, previsto dalla bozza del nuovo CDU, sulle PMI.
Nel nostro paese, invece, il lavoro a quattro mani Anasped – Assocad ha condotto all’emanazione della circolare ADM 14/2024 che, riconoscendo i doganalisti quali esperti i cui pareri possono essere acquisiti da ADM ai fini del rilascio di autorizzazioni, costituisce un punto di partenza per l’attribuzione di compiti e funzioni alla nostra categoria, identificandola come una figura di supporto all’Amministrazione.
Un bianco e nero di gruppo è lo scatto che la nostra macchina fotografica dedica, invece, alle disposizioni nazionali complementari al CDU, chiamate, per brevità, nuovo TULD. Se da un lato la riforma ha prodotto un testo più conciso e compatto, in grado di superare la precedente frammentazione della normativa italiana fra leggi e decreti di varie epoche storiche, dall’altro presenta una disciplina dal sapore antico per la nostra categoria (e non solo).
In primo piano abbiamo un’obbligazione doganale affollata, che ritrae dazi ed IVA all’importazione insieme, nei diritti di confine. Una disposizione in controtendenza rispetto alle ultime pronunce della CGUE e della Cassazione, che riapre il dibattito sulla responsabilità del rappresentante indiretto – debitore. E non si tratta di una semplice discussione teorica per la nostra categoria.
La membrana tra rappresentanza diretta ed indiretta non è poi così impermeabile e gli spedizionieri doganali possono trovarsi ad agire nella seconda modalità quando rappresentano un operatore non stabilito, se desiderano diventare dichiaranti CBAM al posto dei propri clienti o, con il futuro CDU, se utilizzano lo status di Trust & Check Trader.
Centrale nella nostra istantanea (e speriamo che “istantanea” lo sia davvero) anche la nuova, severa, disciplina sanzionatoria che, qualificando come penale qualsiasi evasione superiore a 10.000 € per almeno uno dei diritti di confine dovuti, assimila errori umani a frodi premeditate.
Un’equazione che può essere accettata dall’operatore, mediante quella definizione amministrativa che, dietro pagamento di tributi e non solo, evita l’invio della notizia di reato alla Procura Europea (EPPO), o smentita da quest’ultima, attraverso la successiva valutazione del dolo, ormai scivolato nelle ultime file della nostra fotografia. Un revival dei primi passi del vecchio TULD che, nel solco della legge doganale del 1940, prevedeva contrabbando e contravvenzioni quali reati doganali, riservando agli illeciti ammnistrativi uno spazio marginale.
Presenti, infine, nella nostra foto di gruppo anche la confisca, un vero e proprio must, sempre disposta tanto nei casi di violazioni penali, a prescindere dalla cosiddetta oblazione, quanto nelle fattispecie amministrative, ed i numerosi interrogativi degli spedizionieri doganali, degli AEO e, in generale, del mondo della logistica e del commercio internazionale.
Se ricevo un mandato corretto dall’importatore, ma per un banale errore inserisco un nolo, un’aliquota o un tasso di cambio errato, a chi arriva l’avviso di reato? Il mio cliente può attribuirmi una responsabilità contrattuale? Quali conseguenze potrei avere sul piano civilistico? L’assicurazione professionale del doganalista copre queste eventualità? Se per errore, ad esempio in un groupage, non ricevo i documenti di un collo e lo esporto a posteriori, la mia regolarizzazione sarà comunque punita con una confisca per equivalente? In caso di definizioni amministrative ripetute potrebbero revocarmi l’autorizzazione AEO? Ha senso l’inclusione dell’IVA nei diritti di confine con lo sdoganamento centralizzato all’importazione e la riscossione differenziata di dazi ed IVA, rispettivamente dall’Ufficio di controllo e da quello di presentazione?” Sono solo alcuni esempi dei dubbi e dei quesiti raccolti dalla nostra Federazione e sui quali Anasped, in questi ultimi mesi dell’anno, ha già iniziato a concentrare il proprio impegno e la propria dedizione affinché non rimangano insoluti.
E non possiamo certo chiudere il nostro album senza guardare le ultime due immagini.
La prima è una fotografia indelebile, dedicata agli stimati colleghi e cari amici Filippo Battaglino e Ciro Autore, vicesegretario Anasped. Persone generose e professionisti impeccabili, che la nostra Federazione ricorda con affetto e gratitudine per la passione, la simpatia e la disponibilità che li hanno contraddistinti.
L’ultima istantanea, per concludere, è una polaroid. Lo scatto è recente, l’abbiamo inserito da poco nel nostro album. Ritrae il nostro bel gruppo giovani, ora parte integrante del nuovo statuto di Anasped. Le sue tonalità stanno affiorando e sarà bellissimo poterne apprezzare presto i colori accesi e vivaci nei settori in cui noi tutti auspichiamo un gemellaggio fra generazioni: nella collaborazione alla newsletter, nel restyling del nostro sito Internet e, perché no, in un prossimo interessante ed innovativo convegno primaverile.
Elena Di Benedetto
AnaspeDoganaGiovani
Prima di salutarci, e ritrovarci a febbraio con la prima newsletter del 2025, un particolare ringraziamento ai nostri Autori che, con impegno e professionalità, hanno arricchito di contenuti “La Nostra Voce”.
Grazie a: Agnese Blarasin, Giammaria De Gregorio, Pier Paolo Ghetti, Michele Ippolito, Gianluca Sigismondi, Mariaester Venturini, Daniele Vicario
“La Nostra Voce” augura a Voi tutti e alle Vostre famiglie
un Buon Natale ed un Felice Anno Nuovo
La Newsletter della Federazione Nazionale degli Spedizionieri Doganali – ANASPED – si propone di fornire approfondimenti sui temi riguardanti l’attività dei propri iscritti, con notizie di spessore nazionale, europeo e internazionale.
Allegata la Newsletter N° 11 DICEMBRE 2024.
Argomenti della Newsletter (Clicca sul titolo per aprire l’articolo):
Newsletter n. 11 DICEMBRE 2024
Allegati: Newsletter N° 11 DICEMBRE 2024
Premessa
Fra le clausole contrattuali che ineriscono alle compravendite transfrontaliere, molto delicata appare quella inerente alla corretta definizione del giudice adito, ovvero del giudice competente a dirimere una controversia fra le parti (individuazione del foro competente), rammentando che tale aspetto, in ossequio al principio generale di libertà contrattuale, è regolabile a discrezione delle parti.
A questo ambito, tradizionalmente, si ricollega altresì la libertà delle parti di scegliere una legge applicabile all’accordo, di modo che il giudice adito potrebbe trovarsi a dirimere una controversia applicando ora il diritto del Paese del venditore, ora quello del Paese del compratore, fino a soluzioni complesse ed estreme (come l’applicabilità di un diritto terzo alle parti, magari connesso con procedure di arbitrato).
Tralasciando quest’ultimo aspetto per privilegiare l’altro, appare alquanto interessante esaminare una recente sentenza delle Sezioni Unite (S.U., nel seguito) della Corte di Cassazione in tema di relazione fra consegna dei beni e foro competente.
Si tratta, in specie, della Sent. S.U. 11346 del 02.05.2023, della quale si dettaglia, innanzi tutto, la fattispecie oggetto del deliberato.
Il caso esaminato
La controversia pervenuta all’attenzione della Suprema Corte verteva sulla controversia fra un cedente nazionale e un cessionario francese, connessa con una fornitura di acqua minerale in bottiglia.
Nello specifico, a fronte di una serie di forniture eseguite con consegna ex works (exw) dal cedente italiano, il cessionario francese non provvedeva al saldo dei beni acquistati.
Alla luce dell’insolvenza, il cedente faceva emettere, presso un tribunale nazionale, un decreto ingiuntivo nei confronti della controparte francese.
Quest’ultimo, provvedeva ad impugnarlo, eccependo la competenza del giudice francese a dirimere la controversia, e non del giudice italiano, al quale il cedente si era rivolto.
A tale ricorso seguivano successive pronunce dei tribunali italiani, avverse al cedente che, in ultima istanza, ricorreva in sede di Cassazione.
L’oggetto del contendere
Volendo approfondire la portata dell’argomento in esame, va sottolineato come l’oggetto della causa vertesse, sostanzialmente, nell’individuazione del foro competente in caso di consegna dei beni al di fuori del territorio nazionale di residenza del venditore, nel caso di contratti di vendita fra operatori unitari.
Problematica, questa, che normalmente non genera questioni giuridiche qualora la resa dei beni avvenga comunque all’interno di un medesimo territorio nazionale (vale a dire che cedente e cessionario sono entrambi residenti nello stesso territorio nazionale).
La questione, alquanto dibattuta a livello giuridico, deriva dalla corretta interpretazione delle norme attualmente vigenti sul punto nell’Unione Europea.
In tale ambito, va preliminarmente rammentato che l’Unione è intervenuta con normazione apposita, riconducibile al Regolamento Ue/1215/2012 (noto anche come Bruxelles I-bis, di seguito indicato come Regolamento).
Il Regolamento, ai sensi dell’art. 4, prevede innanzi tutto una regola generale, in base alla quale, se un residente in un Paese Membro, viene chiamato in giudizio (convenuto, in termini tecnici) nell’Unione dalla controparte
Posto il principio-cardine, il Regolamento, al successivo art. 7, prevede una serie di deroghe, in specie nell’ambito della contrattazione.
Viene infatti stabilito che, salvo diversa convenzione fra le parti, una persona potrebbe essere convenuta, in caso di contratto, in altro Stato Membro
laddove, ai fini della norma tale luogo, nel caso di compravendita coincide con
Come si nota, a ben vedere il legislatore unitario pone una correlazione fra foro competente e luogo di consegna, statuendo che, individuato il luogo di consegna in un Paese Membro, sarà possibile in questo territorio individuare al tempo la giurisdizione chiamata a dirimere una causa.
Luogo di esecuzione e connessione con gli Incoterms®
Poste le premesse, il testo unitario lascia aperta (potenzialmente) una duplice interpretazione del luogo di esecuzione, con evidenti ricadute diverse sull’individuazione del giudice adito.
Infatti, a ben vedere, l’individuazione del luogo di esecuzione ex art. 7, c. 1, lett. b) spinge a porsi la questione se tale punto possa o meno coincidere con il punto intermedio nel trasporto ove, secondo le regole Incoterms®, vengono trasferiti costi e rischi del trasporto fra venditore e compratore, oppure si ricolleghi, più in generale, con un punto di consegna finale dei beni trasportati, indipendentemente dal termine di resa applicato.
Sviluppando il ragionamento, il luogo di esecuzione potrebbe essere individuato, in maniera rigida, come esclusivamente il luogo di consegna materiale dei beni da parte del venditore al cessionario, ovvero del punto nel quale il compratore dispone effettivamente del bene acquistato (sostanzialmente, si tratta di un punto a destino del complessivo trasporto).
In una seconda interpretazione, invece, maggiormente elastica, il punto di esecuzione potrebbe rinvenirsi non già esclusivamente con il punto di destinazione della merce inviata, bensì, in alternativa, essere individuato nel punto intermedio del trasporto fra la partenza e l’arrivo della merce, con naturale richiamo, in tal senso, dei termini di resa internazionali.
Questi, infatti, presentano un range di punti di consegna dei beni che oscillano fra la sede del venditore (come accade nel caso della resa Exw), sino alla sede del compratore (come nel caso della resa Dap, non essendo richiamabile nella Ue la resa Ddp, per assenza di punti doganali attraversati).
Come si può intuire dalle note precedenti, l’accoglimento della prima tesi imporrà usualmente individuare il foro competente sempre nel Paese del destinatario dei beni (a ben vedere, si tratta dell’interpretazione sostenuta in causa dal cessionario).
Nel secondo caso, invece, il luogo potrebbe essere anche individuato, in alternativa, nel Paese del venditore (ipotesi sostenuta dal cedente in causa).
Con l’ovvio spostamento, pertanto, della residenza del giudice adito nel secondo caso rispetto al primo.
La posizione assunta dalla giurisprudenza unitaria
Le osservazioni precedenti (in termine di natura sdrucciolevole del concetto di luogo di esecuzione) trovano conferma nella prassi giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell’Unione (Cgue), chiamata in diverse occasioni a intervenire sul punto.
In tale ambito, la Cgue ha avuto modo in particolare di esprimersi tramite due note sentenze, ovvero
Nell’ambito delle due sentenze, e in specie, nella causa Electrosteel, i giudici del Lussemburgo sono giunti alla conclusione che, al fine di determinare il luogo di consegna (luogo di esecuzione), il giudice, nel valutare il contratto
alla condizione che
La posizione delle Sezioni Unite e la Sent. 11346/2023
Poste le osservazioni che precedono, la Suprema Corte, con la sentenza 11346/2023, ha deliberato, in maniera sostanzialmente innovativa, sulla questione della richiamabilità dei termini di resa quali elementi qualificanti l’individuazione del giudice adito.
Nell’esaminare il caso in specie, il dispositivo muove da precedenti deliberazioni della Corte che, nel solco di una consolidata giurisprudenza, anche delle S.U., tendeva a non riconoscere specifica qualificazione ai termini di resa in tema di definizione del foro competente, considerando questi ultimi come pure clausole di spesa, irrilevanti ai fini della definizione del foro competente (in tal senso, Sent. n. 1192/1952, 1884/1965, 1381/1994, 4344/2001, 15389/2002, 10770/2003, 14208/2005, 15905/2011).
In tale solco, peraltro, vanno affiancate anche alcune pronunce della giustizia di merito (in tale indirizzo, Trib. Ravenna 18.02.1999, Trib. Napoli 20.01.2005, Trib. Trieste 13.03.2006).
Nel contempo, tuttavia, in altre sentenze si è assistito a una (parziale) revisione della precedente tesi, seppur non in grado di raggiungere il risultato della sentenza in commento (si vedano le Sent. n. 17566/2019, n. 14299/2007, n. 20633/2022 e, con aspetti problematici di interpretazione, anche l’Ordinanza 37506-2022 richiamata dalla sentenza in commento).
Proseguendo nell’esegesi, tuttavia, la Suprema Corte osservava che l’intera questione doveva essere letta anche, e soprattutto, alla luce delle deliberazioni della Cgue.
Con una estesa analisi della giurisprudenza della Ue (e puntuali richiami alle sentenze unitarie in precedenza richiamate) la Corte ha ritenuto di accogliere l’orientamento unionale, riconoscendo apertamente l’attitudine dei termini di resa a definire il luogo di esecuzione contrattuale, con la derivata conseguenza d’identificare altresì il foro competente.
Alla luce di queste considerazioni, le S.U. quindi osservavano, riconoscendo le ragioni del cedente nazionale, che
“(…) deve dunque concludersi che le clausole incoterms «ex works», una volta inserite nel contratto, individuano anche il luogo di consegna della merce, salvo che dal contratto risultino diversi ed ulteriori elementi che inducano a ritenere che le parti abbiano voluto un diverso luogo della consegna.
(…) la loro corretta applicazione al caso di specie, una volta reputato che, per effetto dei molteplici richiami operati da entrambe le parti alla clausola «ex works», la medesima fosse divenuta parte integrante del contratto, porta invece ad affermare che, giusta l’efficacia della detta clausola, nei rapporti tra il venditore e il compratore, il luogo della consegna della merce deve considerarsi sito in italia e, conseguentemente, deve affermarsi la giurisdizione del giudice italiano.”
Commento alla Sentenza delle S.U.
Sicuramente condivisibile quanto a sforzo interpretativo, la Sentenza tuttavia non chiude completamente la partita della corretta interpretazione della normativa regolamentare, lascando aperte due potenziali criticità.
La prima concerne la reale portata della sentenza, in quanto essa non affronta in generale tutti i termini di resa, ma si limita al solo caso dell’exw works.
La seconda, concerne la possibilità di estendere la decisione anche al caso in cui le parti non avessero indicato il riferimento alle regole Incoterm® relativamente al termine di resa da applicare, limitandosi a un richiamo generico alle stesse (ad esempio, con la semplice indicazione della sigla internazionale, senza altre precisazioni).
Per quanto attiene all’estensione della sentenza, i giureconsulti appaiono divisi in termini di interpretazione del dispositivo.
Secondo una parte di essi, la portata della sentenza non va estesa ad ulteriori varianti degli usi internazionali, rendendosi valida esclusivamente al caso esaminato.
Sostanzialmente si tratta di una interpretazione “letterale” del dispositivo della Suprema Corte.
In altra ottica, invece, una restante dottrina ritiene che la sentenza sia atta a dare corso a un’interpretazione estensiva della decisione, anche per le rese non previste dal dispositivo.
A riguardo, con il dovuto rispetto per le varie posizioni (autorevoli) espresse, pare a chi scrive di segnalare quanto segue.
Accogliendo la prima tesi, si verrebbe in un certo senso a creare una discrasia nell’interpretazione dei termini di resa, ove alcuni (o, meglio, uno) sono atti a individuare il foro competente e altri che non sono di tale natura.
Non pare, questa, un’ipotesi convincente, laddove si ragioni con un semplice esempio.
Si supponga che una partita di beni venga consegnata ex works presso la sede del venditore e, nello stesso giorno, una seconda consegna di merci avvenga fca presso la sede del venditore (ipotesi attivabile con riferimento ai termini di resa attuali), si dovrebbe allora concludere che solo la prima genera effetti sulla giurisdizione.
Una conclusione che pare stridere con due osservazioni.
La prima, connessa con la logica operativa degli Incoterms®, i quali, pur nella loro differenziazione, identificano sicuramente un punto di consegna preciso per il rilascio “fisico” della merce al cessionario.
La seconda osservazione concerne le decisioni della Corte Europea, le quali, nelle loro statuizioni non conducono a effetti differenziati dei termini di resa nei confronti dell’individuazione del giudice adito, ma (contra) lasciano intendere un’estensione generalizzata dell’identificazione del punto di resa delle merci con la giurisdizione del contratto.
Per quanto concerne la seconda criticità cennata, ovvero il mancato, esplicito, richiamo delle parti in termini di rinvio agli usi Incoterms®, la situazione appare maggiormente critica, non esprimendosi la sentenza a riguardo.
A riguardo, la criticità, si ricollega, quantomeno nell’esperienza nazionale (ma dubbi sussistono anche nella esperienza estera) alla mai sopita diatriba fra giuristi sulla effettiva natura dei termini di resa.
Secondo alcuni interpreti, infatti, gli Incoterms® individuerebbero una serie di clausole standard, da incorporare necessariamente in contratto.
Secondo altri interpreti, invece, gli usi del commercio internazionale, in quanto tali, sarebbero comunque idonei ad essere efficaci anche in assenza di espresso richiamo alla disciplina dell’Icc (l’ente internazionale che regola la materia).
Sul punto, non ci si sente di dare una risposta definitiva, nel senso di un richiamo/mancato richiamo della specifica disciplina, anche se il riferimento della sentenza alle posizioni unitarie parrebbe virare verso la seconda interpretazione, ovvero di applicabilità in senso lato delle clausole di resa, indipendentemente dal loro specifico richiamo.
In tal senso, tuttavia, pare utile rammentare che l’Icc consiglia sempre di precisare il riferimento agli Incoterms®, nella loro versione, quando vengono richiamati contrattualmente.
Daniele Vicario
Dal 4 ottobre 2024 è entrato in vigore il decreto legislativo del 26 settembre 2024 n.141 “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi” che ha ufficialmente abrogato il TULD “Testo unico delle disposizioni in materia doganale”.
Questa riforma interviene sulla disciplina doganale e sul sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi, riconoscendo l’IVA all’importazione tra i diritti di confine, con quanto ne consegue in termini di applicabilità delle regole sanzionatorie doganali.
L’articolo 27 al comma 2 specifica che tra i diritti doganali sono da considerare, diritti di confine oltre ai dazi, ai prelievi e alle altre imposizioni previste all’importazione dalla normativa unionale, i diritti di monopolio, le accise. L’IVA e ogni altra imposta riscuotibile all’atto dell’importazione a favore dello Stato.
L’inserimento dell’IVA tra i diritti di confine, secondo il legislatore, trova la sua giustificazione nella risposta normativa al principio enunciato dalla Corte di Giustizia Europea il 12 maggio 2022 – Causa C-714/20, con cui la stessa aveva sentenziato:
“L’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta”.
Tale disposizione non tiene conto di quanto previsto al punto 18 dell’articolo 5 del CDU “obbligazione doganale” obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione a una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore”, né tanto meno di quanto sancito nell’art.28 comma 1 del TFUE.
Con l’art.27 il mancato versamento dell’Iva e il superamento della soglia di euro 10.000,00 comportano oltre all’applicazione del reato di contrabbando anche la misura cautelativa della confisca amministrativa.
L’equiparazione dell’Iva all’importazione ai diritti doganali, inoltre, comporta l’estensione della responsabilità solidale anche ai rappresentanti doganali indiretti.
Il legislatore con lo scopo di razionalizzare e armonizzare la disciplina del contrabbando alle altre fattispecie penali e tributarie e allinearlo al sistema sanzionatorio ordinario ha previsto solo due specifiche macro fattispecie:
Articolo 78 contrabbando con omessa dichiarazione:
b) fa uscire a qualunque titolo dal territorio doganale merci unionali.
L’articolo recepisce con alcune sostanziali modifiche le fattispecie che erano previste negli articoli 282, 288, 289, 294 del vecchio TULD.
L’articolo 7, che racchiude le fattispecie degli articoli 80-81-82-83, definisce l’omissione dolosa dell’adempimento dell’obbligo della dichiarazione all’importazione e all’esportazione, stabilendo una multa dal 100 al 200 per cento dei diritti doganali dovuti,
Articolo 79 contrabbando per dichiarazione infedele:
La fattispecie della dichiarazione infedele in tutte le ipotesi in cui si concretizzano differenze sulle dichiarazioni presentate che incidono sull’applicazione della tariffa e della relativa liquidazione, prevedendo anche in tale caso la multa dal 100 al 200 per cento dei diritti di confine dovuti.
In ambedue i casi degli articoli 78 – 79 trovano applicazione le sanzioni penali del contrabbando al superamento della soglia dei 10.000,00 di diritti di confini dovuti, non dichiarati o erroneamente dichiarati.
Il legislatore, in linea con quanto prevedeva l’articolo 334 del vecchio TULD, ha previsto all’articolo 112 la possibilità di estinguere il reato di contrabbando con il pagamento del tributo dovuto e di una sanzione stabilita dall’Agenzia in misura non inferiore al 100 per cento e non superiore al 200 per cento dei diritti accertati in relazione alla violazione commessa.
L’autore della violazione quindi potrà avvalersi dell’istituto previsto dell’articolo 112 quando nessuno dei diritti di confine accertati e dovuti siano superiori a 50.000 euro e non ricorrano ulteriori aggravanti (articolo 88).
Qualora l’ammontare dei diritti d confine dovuti non superi la soglia dei 10.000 euro e non sussistano le circostanze aggravanti di cui all’articolo 88 il reato di sottrazione dei maggiori diritti accertati ha rilevanza esclusivamente amministrativa.
In tali casi le sanzioni amministrative previste dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti, comunque non inferiori a 2000 euro per le violazioni di cui all’articolo 79, in misura non inferiore a euro 1.000, per chiunque commette invece le violazioni di cui agli articoli da 78 a 83.
Infine l’articolo 94, impone la confisca delle cose (mezzi di trasporto, container, navi ecc.) che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto ovvero il prodotto o il profitto. Qualora non sia possibile procedere alla confisca di tali cose, è ordinata la confisca per equivalenza di somme di denaro, di beni e altre utilità, di cui il condannato ha la disponibilità, anche per interposta persona.
In conclusione, il tentativo del legislatore di operare il riassetto del quadro normativo doganale, in conformità al diritto dell’Unione Europea e all’indirizzo della riforma del Codice doganale in atto – che aveva come obbiettivo quello di semplificare le attività procedurali di verifiche, accrescere la qualità dei controlli doganali, riordinare le procedure di accertamento, liquidazione, revisione e a creare un sistema sanzionatorio equilibrato e proporzionale ispirato agli indirizzi e raccomandazione della Commissione Europea – ha di fatto prodotto l’effetto esattamente contrario.
L’inserimento dell’Iva tra i diritti di confine ha disallineato l’Italia dagli altri 26 Paesi dell’UE, il nuovo sistema sanzionatorio – con la previsione della soglia dei 10.000 euro quale elemento per l’accertamento del reato di contrabbando – ha reso il sistema doganale poco competitivo rispetto a quello degli altri Paesi, il sequestro del carico e dei mezzi di trasporto nell’attesa che il giudice EPPO disponga il rilascio o confermi la confisca scoraggia gli operatori economici a sdoganare le merci in Italia, favorendo i Paesi dell’UE che hanno un sistema doganale lineare e poco penalizzante per gli importatori e gli esportatori.
Infine, per quanto finora sopra indicato e alla luce delle precedenti considerazioni, si profila la concreta possibilità che l’utilizzo del CCI (sdoganamento Centralizzato) con la presentazione delle dichiarazioni doganali in altro Paesi dell’UE assurga a unico strumento efficace nei casi in cui si voglia eludere l’applicazione del D.lvo 141/2024.
Giammaria De Gregorio
AnaspeDoganaGiovani
La Newsletter della Federazione Nazionale degli Spedizionieri Doganali – ANASPED – si propone di fornire approfondimenti sui temi riguardanti l’attività dei propri iscritti, con notizie di spessore nazionale, europeo e internazionale.
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